Memorie di un viaggio di sola andata

A due anni dall’ultimo viaggio, pubblichiamo un bellissimo testo di Ilaria. Esprime in modo straordinario quanto i giorni vissuti in Guinea lascino un marchio indelebile nell’anima…

 

 

“Collega il cuore alla mano e scrivi” mi è stato detto. Ed è quello che sto facendo. Scrivo senza fermarmi, senza timore o imbarazzo. Scrivo per le persone ancora capaci di guardare e, anzi, immaginare, quelle che chiudendo gli occhi possono viaggiare, quelle che dietro quattro semplici parole sono capaci di vedere un mondo, quel mondo.

A due anni da quel viaggio meraviglioso e sconvolgente, mi ritrovo qui, nostalgica, nella mia bella casa, nella nostra “splendida Italia”. Le montagne imponenti che circondano il paese, gli alberi, il mare, il silenzio… tutto questo oggi non mi basta!

Chiudo gli occhi e provo ad allontanarmi con la mente, provo a staccarmi da tutto questo.

Provo a trasportare la mia mente laggiù, in quel mondo così chiaro eppure così misterioso; dove il bene e il male camminano fianco a fianco; dove la povertà e la corruzione bevono birra seduti insieme al tavolino del bar; dove vivono le donne più belle e più sfruttate del mondo; dove i bambini lavorano ma non sono mai stanchi, e corrono, giocano, ridono.

A due anni da quel viaggio provo ancora, per l’ennesima volta, a scrivere qualcosa che possa rappresentare quell’esperienza, provo a mettere insieme le parole per esprimere e per trasmettere agli altri le emozioni che ho provato nel mio mese di vita li. Ma non è semplice, anzi mi rendo conto che forse è impossibile esprimere emozioni così grandi con delle semplici parole.

Ogni tanto accendo il computer per guardare le migliaia di foto scattate in quei giorni, immagini di sguardi, di sorrisi. Ed ogni foto è un ricordo: alcune sono buffe e mi fanno ridere, altre invece racchiudono una realtà che torna a farmi riflettere. Ogni foto è un sorriso, seguito da una lacrima di nostalgia.

La verità è che l’Africa non la dimentichi mai!

Il mal d’Africa non è una sola cosa, non è un istante o un ricordo preciso. È tutto l’insieme delle cose belle e brutte che quel posto può donarti. È il rumore della pioggia sui tetti di lamiera; è il sorriso dei bambini quando ti corrono incontro e sprigionano una voglia di vivere che ti assale e quasi ti atterra; è la sagoma di una donna che porta il suo bimbo dietro la schiena e un secchio pieno d’acqua in testa; è l’anziano che racconta storie davanti a un gruppo di bambini, e canta, e sorride; è ascoltare storie di riti magici e di stregoneria, rimanere a bocca aperta e scoprire che improvvisamente la nostra mente è libera da ogni tipo di razionalità e da ogni scienza, ed il “vedere per credere” resta solo una frase fatta.

Il MIO mal d’Africa è anche il ricordo degli occhi di una bambina malata, che scappa da me perché ha paura, ma che poi mi guarda e senza parlare mi chiede aiuto. E io quegli occhi ce li ho impressi nella mente, un’immagine indelebile come una fotografia. Quanta forza e quanta voglia di vivere in un solo sguardo.

E finalmente quel giorno potei vedere davvero quanta sofferenza era racchiusa dietro ai volti di quelle persone sempre sorridenti, che non si fermano mai, che non si piegano mai, che non mollano, che lottano ogni giorno; che suonano, ballano e cantano, vestiti con stoffe colorate come l’arcobaleno. Il MIO mal d’Africa è aver contribuito a salvare la vita di quella bambina, comprando due semplici medicine che la sua famiglia non poteva permettersi, e averla vista sorridente pochi giorni dopo.

Non è presunzione, sappiamo tutti che nessuno è capace di cambiare il mondo, ma è la gioia di sapere che, forse, sono riuscita a cambiare il futuro di quella piccola bambina.

L’Africa ti offre emozioni che il nostro occidente frenetico e grigio non può darci: la paura di non farcela, la stanchezza fisica e mentale, il timore di non essere all’altezza per un posto così, e lo stupore di riscoprirsi infine più forti di quello che si crede di essere.

Non è facile poi guardare a un mondo (il nostro occidente) dove le persone non sanno più amarsi davvero, dove finzione e realtà si sono mescolati fino a diventare un’unica, indescrivibile nuvola di smog che ci segue ogni giorno; un mondo dove i ragazzi preferiscono stare in casa davanti i video game piuttosto che uscire in strada a giocare; un mondo di gente indifferente che non legge più, che non guarda più, che non ascolta più. Generazioni di ragazzi svogliati, che non sanno più ascoltare storie, che non sanno immaginare, che hanno un muro davanti e non riescono a guardare al di la di esso. Come possiamo spiegare a questi ragazzi, che guardano fuori dalla finestra sbadigliano perché non vedono l’ora di andare a cazzeggiare, che il “continente nero” in realtà è un mondo pieno di meraviglie indescrivibili che le immagini trovate su google non possono minimamente trasmettere.

Penso che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero lasciare tutto e scendere laggiù in Africa.

Per fare cosa??

Per cambiare se stessi, e riscoprirsi maledettamente vivi!!

ILARIA

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